Trieste, 26 Aprile 2024

Società, tecnico, giocatori: tante colpe e tutte condivise

09 Maggio 2023 Autore: Gabriele Lagonigro

La rabbia di domenica sera. La delusione del giorno dopo. La consapevolezza, oggi, di aver dilapidato un patrimonio sportivo. A 36 ore dalla batosta Trieste si è risvegliata con un sapore ancora più amaro rispetto a ieri. Le notti non hanno portato sollievo, anzi, hanno acuito ulteriormente una sensazione di incredulità per quello che è stato l'epilogo più amaro ed inaspettato dello sport alabardato negli ultimi decenni.

Una retrocessione sfortunata, certo, ma anche ricca di errori e di colpevoli. Gettare la croce addosso su chicchessia ha forse poco senso ma la discesa in A2 non può scivolare senza un'analisi di tutto ciò che non ha funzionato. Ad iniziare dalle scelte societarie. L'arrivo della nuova proprietà, sulla quale peraltro permangono ancora perplessità, era coinciso con proclami di coppe europee. E in molti ci avevano creduto. Il risultato, con tutto rispetto, è che fra qualche mese giocheremo con Cividale e non in Eurolega (sempre che i friulani non salgano addirittura in A, e sportivamente glielo auguriamo). Dalle promesse si è passati a snaturare parzialmente il roster. Via Pacher, di certo non un crack per il massimo campionato ma un giocatore che dava equilibrio e soprattutto un uomo spogliatoio. Oltretutto, con l'ala trentunenne era cresciuto Spencer, che dal brutto anatroccolo di inizio stagione era diventato uno dei pivot più influenti del campionato.

La gestione di Gaines, poi, è stata farsesca. E' vero che l'ex Cantù non aveva incantato ma quante squadre in lotta per la salvezza potevano vantare un sesto uomo come lui? Scelta azzardata e rivelatasi nefasta. Così come l'arrivo di Terry: un paio di ottime partite, guarda caso con Milano e Bologna, qualcuna appena sufficiente e poi diverse prestazioni mediocri. E, soprattutto, la difficile coesistenza tecnica con Spencer, che nelle ultime gare è quasi scomparso dai radar, a dire il vero anche per una fascite plantare.

Responsabilità (gravi) della società, in tutte questa decisioni, e sicuramente dello staff tecnico. Marco Legovich non si discute, è bravo, ha carattere e davanti a sé ha un futuro radioso ma è inevitabile che questa retrocessione segnerà anche lui. Perché non è stato capace di motivare a dovere una squadra che negli ultimi mesi ha preso schiaffi in ogni trasferta, compresa l'ultima decisiva. Perché la fase difensiva è diventata un colabrodo e perché la costruzione tattica, dopo una crescita costante durante l'anno, nelle ultime otto gare era una e una sola: palla a Bartley e speriamo che si inventi qualcosa. E poi c'è il peccato originale: privarsi di Banks, l'estate scorsa, per una squadra in lotta per non retrocedere, è stato un errore esiziale e non a caso le giocate dell'ex hanno salvato Treviso. E' stato moralmente encomiabile puntare su un tecnico giovane ma siamo certi che con Dalmasson questa squadra si sarebbe salvata, alla faccia dei tanti detrattori che il buon Eugenio si è portato dietro nel suo decennio abbondante in via Flavia.

Dulcis in fundo - si fa per dire - i giocatori. A Davis, se verrà confermata la positività alla cocaina, la società dovrebbe chiedere i danni in tribunale. Terry vada pure a Udine a finire la stagione (così dicono i rumors...). Stumbris non ha inciso, e questa, più che una sua colpa, è stata un'altra scelta improvvida della società. Il gruppo italiano è stato fra i peggiori di tutta l'A1. Campogrande ha fatto il botto con Verona ma per il resto non è quasi mai pervenuto, Lever bene nel finale ma incostante, Deangeli oggetto misterioso dopo la buona stagione passata e lo stesso Ruzzier ha forse inciso meno di quanto ci si aspettava.

E' vero, siamo retrocessi per una minuscola percentuale di coefficiente canestri ma troppe variabili, in questa stagione, non hanno funzionato. I processi ormai hanno poco senso ma più di qualcuno dovrebbe recitare il mea culpa.


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