Ognuno faccia la sua parte. È uno dei mantra legati al calcio che ascoltiamo sempre e che sintetizza una serie di concetti: giocatori e staff tecnico lavorino in campo, la società si occupi di quello che gira attorno al terreno di gioco, i tifosi sostengano e poi applaudano o fischino. È su quest’ultimo aspetto che ci soffermiamo, a seguito degli striscioni e degli adesivi che la Curva Furlan ha piazzato attorno allo stadio.
Non vogliamo addentrarci nelle solite polemiche vax/no vax, green pass/no green pass, ognuno faccia le proprie valutazioni. Ma se “i tifosi devono fare i tifosi”, allora in questo caso la Furlan è uscita dal seminato. Perché salire sul piedistallo e giudicare quelli che la Curva definisce “cavie per esperimenti sociali” e “buoni e greenpassati” va ben al di là di un concetto di libertà di scelta che tocca anche gli stadi: chi non vuole, non entri negli impianti sportivi, ma senza arrogarsi il diritto di considerarsi superiore a chi invece ha intrapreso una strada diversa.
E poi c’è il sostegno alla squadra: la Triestina si troverà ad affrontare una partita importante come quella contro il Padova senza la parte più calda del suo tifo, in un clima che rischierà di essere quasi “da trasferta”. Purtroppo, quasi un’abitudine in questa stagione per l’Unione, che per vari motivi ha avuto una media di neanche mille spettatori al “Rocco” durante il campionato in corso. E l’assenza della Furlan ha tolto anche quel po’ di calore che darebbe un’altra atmosfera allo stadio di Valmaura, anche con numeri ridotti. Questione di scelte, appunto, ma da chi è “co-proprietario” di un marchio e dovrebbe considerare la maglia prima di ogni cosa, non ci si potrebbe aspettare un comportamento diverso?