“Una persona buona”. Così Maurizio Costantini, capitano della Triestina che con Marino Lombardo in panchina conquistò la promozione in Serie B nel 1989. “L’ho incrociato per poche settimane quando arrivai a Trieste e lui ancora giocava, ma abbiamo fatto solo qualche allenamento insieme” ricorda. “Poi l’ho ritrovato in quel campionato spettacolare che ci ha portato in Serie B. Un mister fuori dagli schemi, che amava ridere e scherzare – aggiunge ‘Roccia’ – e che ha contribuito a creare un grande gruppo tra i ‘furlani’ come Danelutti e Papais e il resto del mondo. Era un amico dei giocatori e forse questo gli ha precluso una carriera a certi livelli, però quel risultato non glielo porterà via nessuno”. Personalmente, Costantini conserva un bel ricordo di Lombardo. “In quella stagione si stava bene insieme, a lui piaceva mangiare e bere in compagnia e si festeggiava spesso. L’anno successivo, in Serie B, qualche partenza che lui non ha condiviso e un campionato più difficile hanno un po’ rotto il giocattolo e lui ne ha fatto le spese con l’esonero”. Costantini era per Lombardo un ‘agricolo’, come il tecnico chiamava tutti i difensori (ruolo che lui stesso aveva ricoperto da calciatore). “Ci siamo ritrovati qualche volta ma poi, anche perché lui era andato a vivere fuori Trieste, avevamo un po’ perso i contatti. – continua l’ex capitano dell’Unione – Ma rimane il ricordo di una brava persona e di un allenatore che ha legato il suo nome a una stagione splendida”.
“Avevamo un ottimo rapporto, per me era una sorta di fratello maggiore” dichiara Roberto Lenarduzzi, anche lui in nell’Unione della promozione a Ferrara. “Avevamo giocato insieme nella Triestina l'anno in cui sulla panchina dell'Unione c'era Ottavio Bianchi (il mister dello scudetto al Napoli con Maradona, n.d.r.), poi quando iniziò ad allenare mi volle con lui, prima a Pordenone e poi in alabardato. È stato il tecnico più importante della mia carriera assieme a Varljen e Rumignani; quando io stesso ho iniziato a fare l'allenatore, Marino Lombardo era il mio riferimento”. Secondo Lenarduzzi, “prediligeva sempre il rapporto umano; era socievole, di compagnia. D'estate portava tutta la squadra e lo staff a Cherso: si pescava, si mangiava, si stava tutti assieme. Erano altri tempi. Amava sdrammatizzare, ma anche come tecnico era prepararitissimo, un innovatore per quell'epoca. Gli stessi risultati raggiunti lo dimostrano: a Trieste ma anche all'Udinese ha saputo raccogliere obiettivi importanti”. “Non lo sentivo da un paio d'anni – conclude - ma avevo sempre sue notizie tramite l'amico Bruno Lubis, che lo ha chiamato al telefono proprio ieri. Un fulmine a ciel sereno, una di quelle notizie che non avrei mai voluto ricevere”.