E’ stata la Svezia, e nel particolare la città di Helsingborg, a ospitare gli ultimi campionati europei paralimpici di tennistavolo e decretare un nuovo, enorme successo per la nostra nazione e per la nostra città. Matteo Parenzan, nella classe 6, si è infatti incoronato d’alloro, bissando il successo europeo ottenuto due anni a Sheffield. Il campione paralimpico di Parigi 2024 ha condotto una rappresentativa azzurra che si è fregiata anche di tre medaglie d’argento e una di bronzo, risultati tra i quali va ricordata la prestazione della nostra corregionale Giada Rossi - detentrice anch’essa, come il mulo de oro Panathlon 2025, dei titoli mondiale e paralimpico - che è arrivata a un punto dal terzo oro europeo consecutivo.
“Non è stato un europeo semplice - confida Parenzan - ma l’esserci arrivato dopo la sconfitta in finale dell’ultimo grande slam tenutosi a Parigi mi ha caricato di energie e portato a modificare alcune strategie di gioco, puntando su una maggiore aggressività”.
Come mai non semplice?
“E’ stato un torneo all’insegna dell’alternanza: dopo un girone abbastanza facile sono arrivato ai quarti in buone condizioni, ma la sfida con il britannico Karabarbak è stata molto complicata, mentre la semifinale con il greco Mouchthis è stata più gestibile”.
Ma poi, in finale...
“Anche questa volta mi sono trovato di fronte il mio eterno rivale, il danese Peter Rosenmeier. Tra noi è in atto uno sportivo antagonismo simile a quello che nel tennis si vede tra Sinner e Alcaraz. Questa volta sono riuscito ad avere la meglio, nonostante un tabellino che mi vedeva soccombente per 9 a 2 negli incontri diretti. E pure nella stessa ultima finale ero sotto per due set a uno, ma poi sono riuscito a cambiare marcia in maniera determinante”.
Cos’è successo, a quel punto?
“Oltre alla tattica, credo che la cosa più importante sia stata che ci siamo guardati negli occhi, e nei suoi ho visto calare la certezza che lo aveva portato a vincere le ultime 4 finali con il sottoscritto”.
Scambio di sguardi determinante?
“Una sorta di thriller. Lui 42 anni, io 22. La sua espressione era cambiata, e non denotava più sicurezza. Tanto più ho spinto per mettergli pressione, e non nego l’orgoglio di essere riuscito a sfruttare questo momento e ribaltare la situazione, riuscendo a portarmi a casa quarto e quinto set con un doppio 11-2. Il tutto condito da un’emozione ancor maggiore, data dalla prima volta che tutta la mia famiglia mi era attorno, assieme a uno staff che non smetterò mai di ringraziare”.