Trieste, 19 Aprile 2024

Atleti "ex Covid": quali esami per ottenere l'idoneità?

09 Gennaio 2021 Autore: Gabriele Lagonigro

Regole chiare e meno confusione. E' quanto chiedono atleti e società in merito alla questione relativa alle visite di idoneità agonistica per chi è stato contagiato dal Covid e vuole rimettersi a svolgere attività sportiva. Alla mail della nostra redazione arrivano quotidianamente segnalazioni di asd, giocatori e semplici cittadini che non sanno come comportarsi di fronte ad una babele di interpretazioni contrastanti.

L'ultimo caso è di pochi giorni fa e riguarda l'entourage di una disciplina di squadra, che si è rivolto alla Salus, il policlinico privato che lavora in convenzione con il sistema pubblico, per sapere a quali esami devono sottoporsi alcuni atleti ex positivi. La loro risposta non lascerebbe spazio a dubbi: tutti quelli indicati nelle disposizioni FMSI (Federazione medici sportivi italiani). Ovvero sia, per intenderci: chi è stato asintomatico, presintomatico o ha sviluppato una forma lieve di malattia (senza ricovero e terapie antibiotiche) dovrebbe integrare la normale visita medica e gli esami strumentali e di laboratorio già previsti con un test ergometrico con monitoraggio elettrocardiografico e valutazione della saturazione di ossigeno a riposo sia durante che dopo il test, un ecocardiogramma color doppler e un esame spirometrico con diverse varianti. Chi è stato colpito da malattia moderata (ricovero o antibiotici) dovrebbe aggiungere un ECG holter di ventiquattr'ore, inclusivo di una seduta di allenamento o di sforzo ed ulteriori esami ematochimici, mentre a coloro che sono stati colpiti da una patologia severa servirà anche una valutazione cardiopolmonare integrata. Questa, in sintesi, la risposta della Salus.

Tutti concordi? Non proprio, perché altre strutture sostengono invece che ogni esame extra rispetto alla normale visita per l'idoneità agonistica dovrà essere valutato dal medico sportivo. Marcello Tence, responsabile sanitario della Triestina calcio e del Centro Benefits, spiega che “il protocollo FMSI in realtà è più blando ed esiste una dicitura nella quale viene specificato che è a discrezione del medico certificante definire quali ulteriori esami eseguire. Personalmente, con gli asintomatici ed i paucisintomatici, che sono la stragrande maggioranza, dopo un periodo di wash-out dalla negativizzazione del tampone di 15-30 giorni (requisito fondamentale ed imprescindibile, n.d.r.), mi limito esclusivamente a rinnovare la visita di idoneità eseguendo una spirometria ed una prova da sforzo massimale al cicloergometro con monitoraggio della saturazione di ossigeno ed una eventuale ecocardiografia in caso di bisogno. Dalla mia esperienza quasi nessuno ha avuto conseguenze: un po' di febbre, di tosse o la perdita del gusto non giustificano ulteriori check up. Discorso diverso, ovviamente, per i professionisti e per chi ha avuto polmoniti ma per fortuna sono casi rari”.

Qualche perplessità emerge anche dalle tempistiche: il protocollo, infatti, sostiene che debbano trascorrere almeno trenta giorni dall'avvenuta guarigione prima che si proceda alla visita ma più di qualcuno, fra gli esperti, ritiene esagerato attendere più di un mese dopo che i ragazzi, spesso asintomatici, sono rimasti in riposo forzato già per diverse settimane.

E' evidente e naturale, ascoltando le differenti interpretazioni nel mondo sanitario, lo smarrimento di atleti, società e famiglie di chi è stato colpito dal virus. C'è chi ritiene che alcune strutture preferiscano estendere la sfilza di esami strumentali soprattutto per tutelarsi da qualsiasi responsabilità, ma c'è anche il filone di chi pensa che di fronte ad un virus ancora (in parte) sconosciuto sia meglio eccedere nei controlli piuttosto che fermarsi alla routine. Non sta a noi dare soluzioni, ma semplicemente chiedere prassi più chiare. Per non accrescere ulteriormente l'insicurezza, in un periodo già di per sé complicato.


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