Spalti vuoti e tante, troppe critiche. L'inizio di stagione della Pallacanestro Trieste è alquanto paradossale: tre vittorie in altrettante gare, primo posto assieme alla Fortitudo Bologna, una campagna acquisti ritenuta soddisfacente ma musi lunghi e poca gente al palazzo.
Che succede? Succede che in molti, troppi, erano convinti di far man bassa contro avversarie che si chiamano Orzinuovi, Chiusi o Nardò. Gli stessi persuasi che siccome ti chiami Pallacanestro Trieste e hai fatto la storia del basket italiano, allora sei deputato a vincere di 20 punti ogni gara di A2. Le prime tre giornate hanno dimostrato il contrario, e meno male: ogni match sarà una lotta perché nessuno, come è logico che sia, ti regala niente. Tanto più contro Trieste, appunto, in un palasport da quasi 7 mila posti dove chiunque vuole fare bella figura. Questa è la seconda serie nazionale, in questa categoria siamo retrocessi per colpe nostre e qui ci dobbiamo confrontare. Punto.
E pace se fin qui la squadra non ha offerto quel basket rivoluzionario che dal nuovo coach americano forse ci si aspettava. Si corre tanto, questo sì, ma si difende maluccio, si tira così così e si concedono tonnellate di rimba agli avversari. Ma c'è tempo per rimediare e per amalgamarsi e prima di giudicare aspettiamo le sfide con Fortitudo (fra dieci giorni), Udine, Verona e le altre big.
Semmai, invece di brontolare sui social, riempiamo un po' di più il PalaTrieste: 2.100 spettatori ufficiali, fra questi quasi tutti abbonati e una parte, ieri, sono rimasti a casa. Se vogliamo paragonarci davvero all'élite del basket italiano facciamo la nostra parte anche noi tifosi. Seguendo l'esempio di una curva che incita sempre, non critica mai e quattro giorni fa si è sciroppata mille chilometri per andare a Chiusi. Con la loro passione si può arrivare in fondo, con le lamentele (per carità, lecite) no.