Impossibile descriverlo con una parola sola. Perché come giocatore Roberto (ma chi l’ha mai chiamato così?) Bobo Prandin è stato – sul parquet – mille cose diverse in una sola. Guerriero, gentiluomo, compagno di squadra affidabile e, lo sanno bene i suoi allenatori, l’uomo su cui contare sempre. Dentro e fuori dal campo.
Il ragazzone che ieri su Facebook ha dato l’addio al basket giocato, dopo 20 anni a macinare chilometri sul parquet assieme alla sua amata palla a spicchi nelle mani, a queste latitudini lo abbiamo imparato a conoscere molto bene ben prima che la “sua” Trieste tornasse per qualche anno nell’olimpo della pallacanestro italiana. Già in quei primi allenamenti in via Locchi, con una maglia che poi l’avrebbe visto protagonista dal 2014 sino al 2018, vederlo allenarsi con umiltà ma al tempo stesso senza mai risparmiarsi per nemmeno un secondo aveva fatto capire una cosa: che proprio a quella casacca ci teneva davvero un mucchio. E la promozione in A con l’Alma fu l’apice (e al tempo stesso, il termine) di un’avventura pazzesca in Pallacanestro Trieste. Fatta magari da piccoli gesti, ma fondamentali per l’economia di un’intera squadra.
Da parte di chi scrive, c’è un piccolo rammarico: quello di non aver mai visto Prandin calcare i parquet della serie A, nonostante quelle opportunità (e ci mettiamo anche quella con la Virtus Roma del 2019) era riuscito a conquistarsele col sudore e con la fatica. Ma siamo certi che, nel buon cuore di “Bobo”, ci sia sempre stata la consapevolezza di aver dato il massimo, per ogni causa sposata. E al netto della piccola delusione di non aver potuto mai essere protagonista… al piano di sopra, la carriera che si è chiusa proprio ieri è di quelle da incorniciare. E che qui a Trieste, nella città che ormai è diventata casa sua da qualche anno, ci si ricorderà ancora tanto a lungo.
Grazie Bobo!