C'è un'iniziativa che sta dividendo le opinioni di molti. Parliamo di "Trieste in meta", un progetto che offre la possibilità alle famiglie giuliane di poter praticare sport gratuitamente, nello specifico il rugby.
Da dove nascono le divisioni? Lo chiediamo a loro, Alessio e Sergio, ex giocatori del Venjulia, uno di Treviso, l'altro di Roma, che hanno deciso di offrire la loro esperienza professionale e sportiva con la volontà di voler restituire parte dell'affetto e del sostegno che hanno ricevuto dalla comunità locale negli anni.
"Oggi le società sportive dovrebbero mantenersi con pochi atleti paganti oppure, soprattutto per le categorie più giovani, dovrebbero offrire i propri corsi gratuitamente creando un indotto che potrebbe essere superiore nel lungo termine? Certo, la nostra è una scommessa e certo, è rischiosa perché si creerebbe maggior competizione tra i club ed un maggior numero di bambini che cambierebbero disciplina o solamente società sportiva ma questo, alla lunga, non dovrebbe portare tutte le realtà locali a dover migliorare la loro offerta sportiva per "accaparrarsi" il maggior numero di baby atleti possibili? Vediamo nella concorrenza un bonus e non un malus e in più, garantiremmo l'accesso allo sport a tutte le famiglie, senza discrimine economico, raggiungendo quello che per noi è fondamentale, ossia il diritto universale al gioco.
Perché il rugby?
Perché è pubblicamente riconosciuto come lo sport che crea comunità, che costruisce famiglie lì dove a volte è difficile crearne, che crea persone, cittadini e atleti predisposti alla fatica soprattutto mentale, un fondamentale da allenare in ogni persona che si sfida in competizioni di ogni tipo
Perché partire da San Giacomo?
La scelta non è stata casuale, siamo forestieri ma viviamo a Trieste da molti anni ed abbiamo contezza oramai della composizione del suo tessuto sociale. Il quartiere ha bisogno di proposte che vadano incontro alla cittadinanza, parliamo di un rione particolare dove si incrociano alcune delle fette di popolazione straniere con zone di particolare disagio socio economico. Abbiamo deciso di partire da quelle, di sfidare le loro diffidenze e di aprire la porta lì dove molto spesso molte famiglie hanno visto chiudersela in faccia. In questo rione, abbiamo iniziato a far cadere gocce che speriamo diventino un mare.
Avete fatto tutto da soli?
Nei primi momenti sì, il progetto è partito dalle nostre menti elaborando quello che è il nostro background, successivamente, una volta elaborato un piano, abbiamo subito voluto coinvolgere il Venjulia ed il Rep ricevendo un "placet" ed il loro “cappello”, assieme al Comitato FIR Fvg che lo patrocina. Con l'andar del tempo abbiamo visto questo supporto allargarsi ricevendo il sostegno della Fondazione Pittini, di Treesport, di Bazzara Caffè e di Trieste Trasporti e infine, abbiamo avviato un percorso di collaborazione con la V circoscrizione del Comune che vedremo dove ci porterà.
Come hanno reagito le istituzioni a questa iniziativa?
Abbiamo trovato quasi sempre porte aperte e persone pronte ad ascoltarci, siamo una piccola realtà, per ora, con solo 70 bambini frequentanti, provenienti da 65 famiglie, ma da quando abbiamo fatto la nostra audizione in Circoscrizione ci sentiamo ottimisti, siamo in attesa da alcuni mesi di alcune risposte e crediamo di poter confidare nei nostri interlocutori. Non facciamo questo per ambizioni personali ma solamente per Trieste, una città che alcuni anni fa ci ha accolto nel migliore dei modi e a cui dobbiamo molto e lo spirito di tutti, crediamo, dovrebbe esser questo.
Progetti futuri?
Ci mettiamo in discussione ogni giorno, abbiamo molte idee ma preferiamo parlare di quello che abbiamo fatto e non di quello che vorremmo fare.