Trieste, 18 Aprile 2024

Il "Poz" a 360 gradi: "Salviamo il basket italiano"

24 Ottobre 2020 Autore: Emanuele Deste

Risposte mai banali, intrise di obiettività e amore viscerale per la pallacanestro. Il “Poz”, all’anagrafe Gianmarco Pozzecco, nato a Gorizia ma triestino a tutti gli effetti, attuale tecnico della Dinamo Sassari, ci ha detto la sua su molti temi, spaziando dalla pandemia ai ricordi olimpici.

Come sta vivendo questa nuova realtà cestistica contraddistinta da continui controlli medici e domeniche senza il supporto dei tifosi a cui si era abituati?
Per noi professionisti, da un punto di vista pratico, non è cambiato nulla. Chiaramente stiamo molto più attenti sulle vecchie abitudini extrasportive. Sulle partite posso dire che in questa situazione generale non è facile scendere in campo, ma credo anche che le priorità di tutte le squadre debbano cambiare: davanti a tutto ci deve essere la sopravvivenza del sistema basket italiano che sta subendo e subirà economicamente le conseguenze di questa nuova normalità; in secondo piano ci sarà la ricerca del risultato agonistico.

Cosa pensa dell’ultimo decreto governativo e delle sue ripercussioni sull’attività giovanile?
Se al Pozzecco bambino fosse capitata una cosa del genere, sono certo che avrei giocato 1 vs 1 con mio fratello fino allo sfinimento e mi avrebbero dovuto ricoverare. A parte gli scherzi comunque, non credo che ora come ora possiamo giudicare le scelte governative sui vari ambiti. Vedremo tra qualche mese le conseguenze di queste scelte. Tutti gli organi governativi, sportivi e non, stanno navigando a vista e credo che non si possa fare altrimenti.

Il 22 settembre è uscito “Clamoroso”, scritto assieme a Filippo Venturi. Come è nata quest’idea e gli appassionati cosa troveranno in più del Pozzecco che credono già di conoscere?
Pensa che già a fine anni 90’, a Varese, mi avevano chiesto di scrivere un libro ma non credo che avessi molte cose da dire. Questa volta è nato tutto quattro anni fa a Formentera da una chiaccherata con amici, poi Filippo Venturi e la Mondadori hanno fatto il resto. Ammetto che mi sono divertito moltissimo a scrivere questo libro e soprattutto a rispondere con sincerità a tutte le voci false che negli anni si erano create sul mio conto. Ho raccontato cose che quando giocavo non avrei rivelato, ma che successivamente quando cresci e soprattutto diventi allenatore puoi e forse devi tirar fuori, per difendere in primis la tua immagine.

Facciamo un gioco: se avesse la bacchetta magica, quali tre giocatori italiani vorrebbe sempre nel suo quintetto tipo?
Rispondo con questo trio: Spissu e Stefano Gentile che giocano ancora a Sassari, e Achille Polonara che ora sta ben figurando in Eurolega. Quando alcuni dei miei giocatori percorrono nuove squadre, li seguo come seguissi le gesta di un fratello con cui ho condiviso molto e con Achille questo è successo.

Il giocatore italiano che quando scende in campo le fa esclamare “il basket è lo sport più bello del mondo”?
Certamente Daniel Hackett, che oltre ad essere un ragazzo d’oro che a Pesaro quando aveva 10 anni non smetteva di sfidarmi negli intervalli delle nostre partite (ride, n.d.r.), rappresenta ciò che per me vuol dire essere un vincente. Daniel mi ricorda un certo Basile.

Ha citato Basile: non ci si può esimere dal chiederle un suo ricordo di quella magica spedizione olimpica ad Atene 2004...
Forse sorprenderò un po' tutti, dicendo che ho un grande rammarico, più grande di non aver conquistato l’oro. Il dispiacere è legato al fatto di non aver condiviso quelle emozioni olimpiche con due amici veri come Andrea Meneghin e Alessandro De Pol, non convocati per problemi fisici, e con i quali dallo scudetto con Varese nel 1999 sono rimasto e rimarrò legato per sempre.


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