Trieste, 19 Aprile 2024

"Siamo tutti Mancini": il trionfo di Wembley e un nuovo Risorgimento azzurro

12 Luglio 2021 Autore: Alessandro Asta

Oltre ai caroselli e alle strombazzate notturne lungo le vie cittadine (per buona pace di chi si è visto turbare il sonno a forza di clacson altrui...) c’è molto di più: l’Italia del “Mancio” fa la storia a Wembley, 53 anni dopo la “monetina” contro la Jugoslavia che nel 1968 ci regalò l’Europeo. Stavolta il titolo continentale lo vinciamo a casa degli altri, esorcizzando ancora una volta la cinica lotteria dei rigori che in diverse occasioni ci vide piangere lacrime amare. E il risveglio azzurro – così come quello di un’intera nazione – è quello segnato dal definitivo “Risorgimento” italiano nel calcio mondiale. Un percorso che parte dalle ceneri di San Siro del 2017, dal totale fallimento di Gian Piero Ventura e di una Nazionale che, non qualificandosi per Russia 2018, dovette ricostruire tutto da zero. Proprio da qui nasce il “miracolo” di Roberto Mancini, capace in poco meno di quattro anni di rimettere le cose a posto. E alzando al cielo inglese una coppa strameritata, perché il titolo stesso che l’Italia ha conquistato in Inghilterra è da favola e frutto di un cammino dove obiettivamente siamo stati bravi a superare tutti gli ostacoli che si sono parati davanti.

Lo aveva detto il c.t., in una conferenza stampa alla vigilia della sua prima partita ufficiale: da lì a distanza di un po' di tempo, saremmo andati a vincere l’Europeo. Tutti lo considerarono un folle, memori dei disastri della mancata qualificazione ai mondiali di qualche mese prima. E invece alla fine della fiera il “Mancio” riuscì a vedere lontanissimo, senza sbagliare quasi un colpo arrivando sino alla finalissima di Wembley e diventando quel ruolo di “Braveheart” che gli amici scozzesi avevano confezionato su misura per lui nei giorni scorsi. Dall’ “It’s coming home” inglese all’ "It’s coming Rome” azzurro è stato un attimo, ma il merito è di una perfetta visione di team: l’allenatore jesino ha convinto tutti, ponendo l’attenzione sempre sul gruppo e mai sul singolo. Roba che poi alla lunga paga dividendi e che ci ha resi incredibilmente convincenti sotto lo sguardo di chiunque.

Non è dunque solo un mero peccato di gola dire “Siamo tutti Mancini” a qualche ora dal trionfo di Wembley. Per un’Italia che torna a vincere e a far gioire nelle strade un intero popolo, quel “Risorgimento” tanto sperato si è materializzato in una calda notte di metà luglio: chapeau, “Mancio”.


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